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ESG: la proposta europea per una razionalizzazione

 

 

In risposta alle preoccupazioni sollevate da diversi stakeholder sulla complessità della legislazione europea in materia di sostenibilità, la Commissione Europea sta valutando l’adozione del primo pacchetto di proposte normative, “Omnibus I”, pubblicato il 26 febbraio 2025.

Questa iniziativa è stata annunciata dalla Presidente Ursula von der Leyen nel novembre 2024 con l’intento di razionalizzare e unificare, in particolare, tre normative chiave in materia ESG:

  • la Direttiva (UE) 2022/2464 sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD)
  • la Direttiva (UE) 2024/1760 sulla Due Diligence aziendale in materia di sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CSDDD);
  • La Direttiva (UE) 2020/852 sui criteri di tassonomia UE per le attività economiche sostenibili (EU Taxonomy for sustainable activities).
 

L’idea alla base della proposta è quella di ridurre la complessità burocratica e i costi di conformità per le imprese. Tuttavia, la sfida principale sta nel trovare un equilibrio tra l’effettiva riduzione degli oneri e il mantenimento di standard solidi per la rendicontazione e la governance aziendale.

 

Vediamo nel dettaglio i principali possibili cambiamenti.

 

La Direttiva (UE) 2022/2464 sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD)
  • Nuovi criteri di applicazione: l’obbligo di rendicontazione riguarderebbe solo aziende con almeno 1.000 dipendenti e più di 50 milioni di euro di fatturato o un attivo patrimoniale superiore a 25 milioni di euro, riducendo così dell’80% la platea di aziende obbligate a rendicontare rispetto ai criteri attuali della CSRD e posticipandone di due anni il tempo di rendicontazione.

 

 

Tuttavia, sia le imprese che già rendicontano in materia di sostenibilità sia quelle che non raggiungono questi limiti e quindi, di fatto, non risultano obbligate, possono ad ogni modo rendicontare volontariamente tramite uno standard semplificato creato dall’Efrag appositamente per le micro, piccole e medie imprese, il “Voluntary Sustainability Reporting Standard” (VSME).

  • Revisione degli European Sustainability Standards (ESRS): l’obiettivo principale è puntare alla semplificazione, riducendo il volume di informative richieste dando priorità ai dati quantitativi rispetto a quelli qualitativi ed eliminando l’attuale proposta di adozione dei cosiddetti “standard settoriali”. Inoltre, la revisione mira a chiarire il concetto di doppia rilevanza che attualmente genera diversi dubbi interpretativi;

 

  • Eliminazione del passaggio dalla “limited assurance” alla “reasonable assurance”: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) prevedeva inizialmente un passaggio graduale da una verifica “limitata” a una “ragionevole” (più approfondita) dei dati di sostenibilità. Tuttavia, la proposta attuale elimina questa evoluzione, mantenendo la “limited assurance” come livello di verifica per le informazioni di sostenibilità.

 

La Direttiva (UE) 2024/1760 sulla Due Diligence aziendale in materia di sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CSDDD)
  • Posticipazione del termine di conformità: l’adozione della nuova direttiva posticiperebbe l’applicazione della normativa al 2028;

 

  • Focus su partner diretti: secondo la nuova direttiva, le aziende sarebbero tenute a concentrarsi principalmente sui fornitori ad esse direttamente collegati, estendendo l’analisi ai soggetti indiretti solo in presenza di informazioni concrete che indichino potenziali impatti negativi. Questo approccio semplificherebbe la mappatura delle filiere, riducendo il campo di indagine alle relazioni commerciali dirette. Tuttavia, se dovessero emergere segnalazioni o dati credibili riguardo a impatti negativi a livelli successivi della catena di fornitura, l’impresa sarebbe obbligata ad estendere la due diligence per valutare e mitigare eventuali rischi.

 

  • Dall’obbligo di cessazione dei rapporti commerciali alla sospensione: l’attuale testo della CSDDD prevede di interrompere definitivamente eventuali rapporti commerciali problematici; la proposta punterebbe alla sospensione;

 

  • Riduzione della frequenza degli assesment: la nuova direttiva propone di effettuare il monitoraggio delle misure di due diligence non più su base annuale ma quinquennale.
 
La Direttiva (UE) 2020/852 sui criteri di tassonomia UE per le attività economiche sostenibili (EU Taxonomy for sustainable activities)

La nuova direttiva propone che solo le imprese con oltre 1000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 450 milioni siano obbligate a fornire una rendicontazione dettagliata in allineamento con la Tassonomia. Di conseguenza, alcune imprese potrebbero essere soggette alla CSRD senza essere obbligate a adottare la Tassonomia stessa. Un’altra rilevante modifica riguarderebbe i criteri di classificazione ed in particolare il principio del “Do no significant harm” che verrebbe semplificato, rendendo meno significativi i parametri volti a stabilire se un’attività ha impatti negativi sull’ambiente.

 

Dunque, semplificazione o un rischio di deregulation?

La proposta Omnibus si inserisce in un contesto europeo caratterizzato da spinte contrastanti: da un lato, l’intenzione di alleggerire il carico normativo per le imprese; dall’altro, la necessità di mantenere un quadro regolatorio solido per garantire credibilità e coerenza alle politiche di sostenibilità.

Tuttavia, la convergenza di tre normative così complesse in un unico pacchetto rischia di tradursi in un’operazione poco efficace e, paradossalmente, più onerosa per le aziende. La revisione della CSRD, ad esempio, potrebbe penalizzare le imprese che hanno già investito per adeguarsi alle regole attuali, mentre l’integrazione della CSDDD potrebbe portare a un’applicazione meno rigorosa della due diligence sugli impatti ambientali e sociali.

Si aggiunge il fatto che questa incertezza normativa potrebbe scoraggiare le aziende dall’adottare pratiche di sostenibilità più ambiziose, preferendo un approccio di mera conformità agli obblighi di legge. La stabilità del quadro regolatorio è infatti essenziale per garantire che il reporting di sostenibilità non venga percepito come un semplice adempimento burocratico, ma come uno strumento strategico per la crescita aziendale e la creazione di valore.

 

In definitiva, mentre la Commissione Europea punta a semplificare il sistema, il rischio è che il Regolamento Omnibus possa indebolire le conquiste fatte finora in materia ESG, lasciando le aziende in un limbo normativo e minando la competitività a lungo termine del sistema europeo di rendicontazione della sostenibilità.

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